domenica 10 aprile 2016

Ortoressia: l'ossessione del mangiar sano!





In una società ricca di benessere Alimentare, ci si ritrova spesso in diatribe su quale sia l'Alimentazione migliore, ed ecco che i media ci bombardano di pubblicità, le riviste propongono miracoli con le diete last minute e nei talk show avvengono scontri inverosimili tra specialisti e presunti tali che spingono gli ascoltatori verso l'uno o l'altro versante come fossero schieramenti politici.

Ma in tutto questo marasma c'è chi vive uno strano rapporto col cibo a tal punto da esserne proprio ossessionato!

Nel mondo dei disturbi alimentati accanto alle patologie più note come Anoressia, Bulimia ed Obesità, vi sono una serie di disturbi di cui ancora non se ne parla o se ne parla poco!


Attualmente sta emergendo un nuovo tipo di disordine alimentare l' Ortoressia.
Mentre nell'anoressia il paziente rifiuta di nutrirsi, nella bulimia si riscontrano frequenti abbuffate con vomito indotto, nell'Ortoressia vi è un'Ossessione  per la ricerca del cibo sano.

Vi domanderete, e cosa c'è di strano a voler mangiare cibi sani? 

Nulla! Ma quando la ricerca diventa un'ossessione e influisce sulla nostra vita quotidiana, può rappresentare un problema!

Cos'è dunque l'Ortoressia?

E' una forma di attenzione eccessiva alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche  che può emergere da una paura smisurata e a volte maniacale, di ingrassare o di non essere in perfetta salute, vi è la credenza  che i cibi non siano sani o siano contaminati. Tali convinzioni alimentano la comparsa di un vero disagio alimentare con conseguenti  problematiche socio-relazionali e di vita quotidiana.

L'ortoressico inoltre, impiega un tempo via via sempre più lungo nella ricerca di un modo per rimanere aderente al regime alimentare che si è imposto ed è costretto a pianificare i pasti con diversi giorni d'anticipo! Inoltre quando esce, tende a portare con sè un "kit di sopravvivenza" con il proprio cibo perchè non può alimentarsi con pietanze preparate da altri.

Secondo i dati del Ministero Italiano della Salute per i disturbi alimentari, le persone affette da Ortoressia sarebbero 300 mila in Italia con una prevalenza di uomini (Donini e coll. 2004).
la maggior diffusione nel sesso maschile può essere ricondotta al proliferarsi di stereotipi culturali legati alla forma fisica e trova un parallelismo nella corrispondente diffusione della Virgoressia (ovvero una preoccupazione cronica di non avere un corpo sufficientemente muscoloso).

Quali sono le caratteristiche dell'Ortoressia?


  • Ruminazione ossessiva sul cibo (più di 3-4 ore al giorno pensare a quali cibi scegliere)
  • pianificazione dei pasti con diversi giorni di anticipo
  • impiego di molto tempo per la ricerca e l'acquisto degli alimenti
  • preparazione del cibo solo in certi tipi di stoviglie e con cotture particolari
  • insoddisfazione affettiva e isolamento legata al mantenimento di queste regole rigide


Si ripercuote negativamente non solo sul benessere emotivo e sociale, ma vi sono conseguenze evidenti sul benessere del corpo: osteoporosi, atrofie muscolari, squilibri elettrolitici che spesso necessitano di interventi di ospedalizzazione.
Spesso l'ossessione del cibo è anche associata ad un'ossessione per la pulizia, esercizio fisico, cure estetiche ecc.

A Livello Psicologico insorgono dei comportamenti tipici dell'ossessivo compulsivo, inoltre la persona che ne è affetta vive un perenne stato d'ansia e timore per tutti i problemi che il contatto con il cibo non sano potrebbero causargli. Allo stesso tempo, può mostrare transitori momenti di euforia quando riesce a resistere alle tentazioni. mentre fenomeni depressivi e sensi di colpa possono celarsi quando ricompaiono lo stato d'ansia e il nervosismo.


Come si cura?

Il trattamento dovrebbe avvalersi di un'equipe multidisciplinare composta da psicoterapeuti, medici e nutrizionisti/dietisti, attraverso un'azione integrata tra il paziente e la famiglia.
Un trattamento efficace dev'essere condotto gradualmente, ed è necessario lavorare sulle emozioni e sulla reintroduzione dei comportamenti alimentari eliminati, puntando anche su eventuali malesseri fisici causati da una dieta squilibrata!


giovedì 24 marzo 2016

Ausili per la scirttura




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Quante volte ci accorgiamo che i bambini hanno una "presa" della matita o della penna inadeguata? O hanno difficoltà a scrive velocemente e con una corretta calligrafia? O tendono a stancarsi facilmente e a fermarsi mentre i compagni continuano a scrivere?

La prensione corretta secondo gli studi di grafologi e ottici-optometristi, è quella “a triangolo equilatero”: i polpastrelli delle dita si appoggiano morbidamente in punta su ogni faccia. Oppure “a triangolo isoscele”: la falangetta del medio, piegandosi, forma un lato di appoggio più ampio. In entrambe le impostazioni, infatti, le due dita medio e indice, flesse all'interno del palmo, creano con la porzione laterale della mano (eminenza ipotenar) un appoggio morbido e stabile sul piano di scrittura, non ostacolando i movimenti delle altre dita. 
In realtà la percentuale di persone che scrivono in modo corretto è davvero bassissima circa il 7%.
Il PEAV a seguito di una ricerca condotta su un campione di 200 ragazzi ha riscontrato che
 l’impugnatura più diffusa ( coinvolge il 60% delle persone osservate) è quella che si ha ponendo il pollice in avanti rispetto allo strumento grafico.
 E’ un’impugnatura che indica un mancato completamento dello sviluppo della motricità fine, un ancoraggio alla fase precedente a quella dell’opposizione pollice-indice (presa del cucchiaio). 
Questa ha come conseguenza la formazione di un archetto di tensione sull’indice che, bloccando il movimento delle dita, tende a spostare il movimento sul polso e a creare uno stato doloroso alle falangi.

Tra le "prese" errate troviamo inoltre: 
  • L’impugnatura “a morso” che si produce attraverso la flessione di tutte le dita verso il palmo. Riflette un bisogno di ridurre la tensione aumentando il contatto con lo strumento.
  •  L’impugnatura con pollice interno. Questo è flesso a circa 3 cm dalla punta e racchiuso, dall’indice e a volte anche dal medio, all’interno del palmo della mano. La penna in questo modo viene spinta verso la prima falange dell’indice che fa da perno per il movimento scrittorio. 
  • L’impugnatura del fumatore invece è quella di chi tiene la penna come una sigaretta trattenendola tra indice e medio. Questo punto di incastro fa da perno per il movimento verso destra

Un bambino che acquisisce un'impugnatura ERRATA della penna, della matita o altri strumenti grafici, non è detto che sviluppi una disgrafia, ma ciò può condizionare negativamente lo sviluppo delle abilità grafiche.

Le cause della disgrafia possono essere fatte risalire, in generale, a due motivi:


 Il primo è il mancato raggiungimento di quei pre-requisiti che sono indispensabili per imparare a scrivere. In particolare il non adeguato sviluppo della motricità fine porta i bambini ad un uso parziale della mano e delle dita. Il nostro modo di vivere ha per altro ristretto in maniera considerevole l’ambito dei giochi, intesi a sviluppare la motricità fine. 
La seconda causa della disgrafia deve essere fatta risalire ad una carenza del sistema scolastico poco attento all’aspetto esecutivo della scrittura che viene completamente trascurato. I bambini si trovano così ad automatizzare strategie errate che rendono la loro grafia faticosa e poco funzionale oltre ad una presa della penna poco funzionale. Imparare a scrivere bene è infatti come imparare a giocare a tennis. Per fare un buon tennista non è sufficiente fornire racchetta e pallina: è necessario insegnare come tenere racchetta e pallina e come utilizzarli affinchè il tiro vada a segno.

A volte basta un piccolo ausilio  per scrive con un Minor Sforzo e con una Presa Ben Salda!
Senza creare allarmismi!
pencil grip neonInoltre questi ausili, aiuteranno il bambino a mantenere durante la scrittura una postura rilassata, un peso bilanciato e ben distribuito evitando così anche la formazione di crampi e l'affaticamento muscolare, dunque il bambino sarà anche più motivato a proseguire nell'attività che sta svolgendo!
 Anche attorcigliare un elastico a distanza di due dita dalla punta può facilitare in alcuni cari!

mercoledì 23 marzo 2016

Il supporto psicologico nei pazienti con demenza



Risultati immagini per demenza



Negli ultimi decenni una delle cause di disabilità nella popolazione anziana del nostro paese è la Demenza. Tale problematica non si manifesta in un unica forma, difatti  non possiamo  parlare di  Demenza ma di Demenze,  che possono manifestarsi in tempi e modi differenti.
Tra queste  le più comuni sono: la  Demenza di tipo Vascolare, la malattia di Alzheimer, Demenza di Pick e malattia a corpi di Lewy (queste due sono tra le più comuni forme di demenza degenerativa "non Alzheimer")

Ma cosa intendiamo per demenza?

Col termine Demenza si definisce una sindrome clinica che si manifesta con un declino progressivo delle funzioni cognitive, tale da compromettere le usuali attività sociali, relazioni e lavorative con un peggioramento a livello funzionale della persona stessa! 
La popolazione più colpita è rappresentata dagli anziani, la cui numerosità rispetto alla popolazione generale è sensibilmente aumentata nel corso degli ultimi decenni, rappresentando ora più del 20%. 

L'insorgere di tale patologia può trarre origine da diversi fattori quali ad esempio un familiarità ed ereditarietà, malattie coronariche, problematiche vascolari, diabete, storia di ictus, abuso di alcool, età avanzata, sesso maschile. 
                                                
                                               Nicholas Sparks diceva :
                           "E' una malattia desolata, vuota e arida come il deserto. 
                                      Un ladro di cuori e di anime e di memorie"

Quali sono i sintomi che possiamo ritrovare in un paziente affetto da demenza?

Nel paziente affetto da demenza  è possibile riscontrare alterazioni a livello cognitivo e a livello non cognitivo e comportamentale.
I sintomi cognitivi 
• deficit della memoria: compromissione della capacità di apprendere nuove informazioni o di richiamare informazioni precedentemente apprese; 
• afasia: disturbo del linguaggio, caratterizzato da perdita della capacità di esprimersi, di scrivere o di comprendere il linguaggio scritto o parlato; 
aprassia: compromissione della capacità di eseguire attività motorie nonostante l’integrità della comprensione e della motricità; 
agnosia: incapacità a riconoscere o identificare oggetti, in assenza di deficit sensoriali;
 • deficit del pensiero astratto e della capacità di critica: difficoltà di pianificare, organizzare, fare ragionamenti astratti, ecc.  

I sintomi non cognitivi e comportamentali 

alterazioni dell’umore: depressione, labilità emotiva, euforia; 
ansia 
sintomi psicotici: deliri, allucinazioni e misidentificazioni o falsi riconoscimenti; 
sintomi neurovegetativi: alterazioni del ritmo sonno-veglia, dell’appetito, del comportamento sessuale; 
disturbi della personalità: indifferenza, apatia, disinibizione, irritabilità;
 • disturbi dell’attività psicomotoria: vagabondaggio, affaccendamento afinalistico, acatisia; 
comportamenti specifici: agitazione, aggressività verbale o fisica, vocalizzazione persistente, perseverazioni. 

Quali possono essere i segnali per intervenire precocemente?

I primi campanelli d'allarme sono strettamente connessi ai sintomi sopra descritti, possiamo riconoscerli su noi stessi o su chi ci sta vicino, le situazioni più frequenti riguardano la perdita di memoria, o il disorientamento, o la difficoltà di linguaggio, la difficoltà ad ascoltare, una riduzione di interesse verso le occupazioni quotidiane ecc.

A chi rivolgersi?

Parlare col medico di base che vi indirizzerà da uno specialista per una valutazione specifica.

L'aspetto psicologico nel paziente e nel cargiver.


I pazienti nelle prime fasi possono avere coscienza della malattia, ma non sempre riescono ad accettarla. Dal punto di vista psicologico vi è un importante cambiamento a livello emotivo, relazionale e sociale.

La demenza modifica l'identità di chi la vive e non solo, difatti , le problematiche  di tali patologie si ripercuotono sia sul paziente, che giorno dopo giorno inizia a perdere autonomia, sia sui Cargivers ovvero i familiari che se ne prendono cura.

Risultati immagini per famiglia anzianoIl carico di un paziente con demenza sulla famiglia è significativo sia se egli viene inserito in un contesto residenziale, sia se coabita con i figli. Tali scelte possono dar origine a sensi di colpa, difficoltà logistiche, alterazioni delle routine familiari, modificazione della qualità delle relazioni familiari e  sociali, una riduzione del tempo libero  e di riposo ecc.

Risultati immagini per famiglia anziano psicologiaLo psicologo  non si occupa semplicemente della fase testologica per indagare le funzioni cognitive, il tono dell’umore e i disturbi comportamentali, ma  delinea un profilo psicologico, effettua una diagnosi psicopatologica, verifica l’adattamento della persona all' ambiente, raccoglie elementi per la costruzione del Piano Assistenziale Individualizzato, rileva informazioni utili al fine di attivare successivi interventi,  monitora la relazione tra l’utente e l'ambiente. Conduce trainging cognitivi per rallentare il decadimento cognitivo e utilizzare le risorse residue.
                                          

Risultati immagini per famiglia anziano psicologiaInoltre effettua colloqui con i familiari in quanto ogni  componente della famiglia in cui si trova un malato di demenza si ritrova ad elaborare le varie fasi del dolore facendo leva sulle proprie capacità di adattamento alla situazione e sulle personali capacità di ‘accettazione’ della separazione e del lutto che tale malattia comporta.

Il manifestarsi della demenza in un congiunto provoca un ribaltamento dei rapporti propri della struttura familiare quando la persona che si ammala è un genitore o un coniuge: da persona che cura, aiuta, protegge, rassicura, sostiene, il malato diviene persona che ha bisogno di essere aiutata, guidata, sostenuta, protetta, rassicurata, curata. 
Non sempre il Cargiver è pronto a questo cambiamento e a ciò che ne consegue, per questo è importante avere una risorsa psicologica adeguata a sostenerci.














lunedì 29 febbraio 2016

POSTO OCCUPATO

              





29/2 un giorno in più per "Posto Occupato"





29/02/2016 oggi in tutta Italia viene celebrata questa iniziativa contro la violenza di genere nell'ambito contro il femminicidio



chiunque voglia può conoscere le iniziative della propria città! o anche proporne di nuove!

Posto OccupatoOgni anno nel nostro paese si registrano episodi di violenza per lo più rivolte alle donne ma non solo! 
Le forme di violenza che si trovano a vivere coinvolgono :

  • la sfera psicologica con ricatti, insulti, minacce, rifiuti, colpevolizzazioni in pubblico, umiliazioni, svalutazioni;
  • violenza fisica che racchiude una serie di atti tra i quali schiaffi, pugni, morsi, tentati strangolamenti, danni ad oggetti o lesioni;
  • violenza economica ovvero impedire alla vittima un'indipendenza economica impedendole la ricerca di un lavoro o il controllo dello stipendio;
  •  violenza sessuale fatta da aggressioni sessuali agite con minaccia o costrizione fisica, la costrizione a prostituirsi.

La donna vittima di violenza non ha la forza o crede di non averla, di lottare, si sente confusa e tende a colpevolizzarsi pensando sia colpa sua! Viene isolata dal suo maltrattatore a tal punto da non riuscire a chiedere aiuto ai servizi territoriali.

A lungo termine tali donne possono sviluppare patologie psichiatriche, disturbi depressivi, somatizzazioni, disturbo post traumatico da stress, dipendenza da alcool o sostanze!

Se pensate che una Donna possa essere al centro di questi episodi, aiutatela!
Nel nostro paese oltre ai servizi di ordine pubblico, sono presenti associazioni che possono aiutarle! Questo è il link in cui potrete trovarle per ogni regione! 

Uno spazio di ascolto è fondamentale per sostenere la vittima soprattutto a livello psicologico, in quanto le difficoltà maggiori sono la negazione e la resistenza nel riconoscere le varie forme di violenza!
Dunque bisogna rafforzare la personalità, lavorare sulle proprie risorse e far sì che si acquisiscano particolari strategie per  la sopravvivenza! 

giovedì 25 febbraio 2016

Tu chiamale se vuoi...Emozioni





"Tu chiamale se vuoi...Emozioni...."  Battisti utilizzò questa frase in una sua nota canzone, ed è proprio la volontà di elaborarle e denominarle in modo unicamente personale che ci permette di differenziarci dall'altro o a anche di ritrovarci nelle altrui emozioni mediante quella che definiamo "Empatia"

 Ma sappiamo davvero cosa sono? come nascono? se sono presenti quando nasciamo? che ruolo occupano nella nostra vita?

Il termine Emozione viene utilizzato per definire un fenomeno che non possiamo osservare direttamente, ma possiamo VIVERLE e SPERIMENTARLE  giorno dopo giorno. 

Da James (1884) , Cannon (1927) , Schacter (1962) , Eikman negli anni '70,  sino ai giorni nostri lo studio e l'interesse per le emozioni ha arricchito le nostre conoscenze portando contributi importanti alla nostra quotidianità. 

Risultati immagini per ekman emozioni universaliNello specifico Eikman scoprì che esse sono universalmente condivise, egli mostrò a soggetti appartenenti a culture differenti non alfabetizzate della Nuova Guinea, foto di espressioni facciali, chiedendo di descriverle! Le risposte furono sorprendenti e confermarono l'universalità delle emozioni Primarie. Tali studi  hanno permesso di comprendere che alcune di esse,  definite PRIMARIE, sono presenti nella nostra vita sin dalla nascita altre invece ,  definite SECONDARIE, maturano nel tempo.


Ma è  solo grazie allo sviluppo cognitivo e alla socializzazione emotiva presente in famiglia e nei contesti educativi che si passa dal precursore emotivo all’emozione vera e propria!

Saarni (1999) ha introdotto il concetto di “competenza emotiva” ovvero quella capacità dell'individuo di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, di saperle comunicare attraverso le espressioni e il linguaggio della propria cultura e di regolarle in modo adeguato al contesto, così da ricavare un senso di efficacia dagli scambi interattivi. 
La competenza emotiva, è il frutto dell'interazione dinamica tra:
 fattori personali (abilità di base e comportamenti innati), 
educativi (comportamenti e abitudini apprese) 
culturali (riferiti ai valori socialmente condivisi e accettabili) che consentono lo sviluppo delle capacità morali e del giudizio.
Dalla teoria di Saarni sembra dunque che la competenza emotiva sia più una caratteristica dell’individuo, essa emerge dall'interazione tra più individui. A questo termine spesso viene associato quello di  Intelligenza Emotiva ovvero la capacità di monitorare le proprie e altrui esperienze emotive, saperle comunicare e saperle regolare in base alla cultura e al contesto,  viene vista come una vera e propria abilità cognitiva che interagisce con le funzioni cognitive di base possedute dai soggetti, non risultando significativamente influenzata dalle loro differenze culturali.


Il ruolo della Famiglia, degli amici, degli ambienti sociali con i quali entriamo in contatto sono fondamentali per la crescita e la maturazione della Consapevolezza Emotiva. Essa permette all'individuo di comprendere bene sè stesso ed entrare in empatia con gli altri con maggiore attenzione. Una difficoltà nel comprendere ed elaborare al meglio le nostre emozioni influenza notevolmente il nostro umore, i nostri comportamenti e i nostri pensieri. 

Pensiamo ad esempio ad situazione quotidiana in cui bambino viene interrogato alla lavagna e appena si alza i compagni iniziano a deriderlo. In questo caso il bambino potrebbe provare emozioni quali vergogna o imbarazzo, e se egli ha una scarsa capacità ad elaborarle a livello cognitivo ne deriverebbero pensieri disfunzionali quali "sono un fallito" , "non mi apprezza nessuno, non valgo a niente" e a livello comportamentale  metterebbe in atto strategie di evitamento o fuga dal contesto scolastico manifestando ad esempio frequenti mal di pancia, mal di testa ecc .

Come possiamo aiutare i bambini a maturare emotivamente sia a casa che a scuola?

1) diamo un nome alle emozioni, ovvero  quando capite che una determinata situazione può aver avuto un'influenza sul bambino e non riesce a regolare il proprio stato d'animo, ditegli di quale emozione si tratta, utilizzando anche esempi in cui si può provare, dunque Generalizzate! Così egli potrà riconoscerla!
2) sostenere il bambino a comunicare con l'uso di immagini e con le parole ciò che prova.
3)non sminuire l'emozione, non ridere o banalizzare ciò che sta provando il bambino  ma rassicurarlo e far sì che egli comprenda che è possibile sentirsi "tristi, imbarazzati, preoccupati.." 
4)troviamo una soluzione insieme, "bene hai provato questa emozione, ma come possiamo controllarla senza che ci faccia stare ancora male?"  una telefonata ad una persona speciale, una cioccolata calda, una passeggiata, scrivere..

Anche noi adulti  spesso abbiamo difficoltà nel comprendere le nostre emozioni, ma,  a differenza dei bambini, quando maturiamo che da soli non riusciamo a gestirle ed elaborarle possiamo a chiedere aiuto!